World Press Photo, a Torino in mostra il coraggio di documentare

La fotografia è tecnica ma anche riuscire ad essere pronto al momento giusto nel posto giusto. E Burhan Ozbilici , fotografo dalla Associated Press, il 19 dicembre 2016 si trova nel momento giusto al posto giusto: ad Ankara in una galleria d’arte mentre un poliziotto fuori servizio spara all’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, che stava pronunciando un discorso di inaugurazione di un una mostra.
Ozbilici era li per incontrare un amico e nell’attesa scatta qualche foto all’ambasciatore proprio mentre l’attentatore decide di compiere il suo folle gesto.
Burhan Ozbilici ha raccontato quegli attimi durante la conferenza stampa di presentazione della mostra World Press Photo che sarà visibile fino al 26 novembre al Mastio della Cittadella di Torino.
La potenza dei suoi scatti mostrano la drammaticità dell’evento ma il suo sangue freddo, la scelta di documentare nonostante tutto, viene “certificato” dal video (trasmesso su di un monitor) di un operatore che seguiva l’intervento dell’ambasciatore che mostra Ozbilici mentre scatta a pochi passi dall’oratore, sullo sfondo l’attentatore che tira fuori la pistola e spara. Il cameramen non coglie lo sparo perché istintivamente si abbassa e la telecamera riprende il pavimento, Ozbilici continua invece a scattare. “Sarei morto pur di scattare quelle foto” ha ammesso durante la presentazione, “perché il giornalista deve documentare”. Non considera la sua foto una bella immagine ed ammette che ogni volta che la guarda prova dolore. E per ricordare che lui è prima di tutto un fotoreporter, durante il saluto delle autorità all’inaugurazione eccolo aggirarsi per la sala con la fotocamera in mano per portare a casa degli scatti.
La foto di Ozbilici è stata scelta dalla giuria del World Press Photo 2017 tra le 80 mila scattate da 5034 fotografi che hanno partecipato al concorso. A Torino sono in mostra le 150 immagini vincitrici nelle varie sezioni. Tra quelle esposte anche i lavori di quattro italiani: Antonio Gibotta, Francesco Comello, Alessio Romenzi e Giovanni Capriotti.

Sotto il nostro fotoracconto della mostra.

 

 

 

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Dopo 30 anni Torino torna nell’Europa del Basket

Ci sono voluti oltre 30 anni per rivedere una squadra torinese del basket impegnata in una competizione europea. E l’attesa non poteva che essere ripagata meglio, una partita bellissima quella contro l’Andorra, intensa mai chiusa da entrambe le squadre. Alla fine ha vinto, con merito, la Fiat Auxilium grazie ad una rimonta che ha infiammato il PalaRuffini non pieno come l’evento meritava. 92 a 86 il risultato finale per i piemontesi che dopo due partite guidano la classifica di EuroCup.

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Scontri al G7 di Torino

Sabato 25 settembre 2017, il corteo di protesta al G7 sul lavoro di Venaria Reale tenta l’assalto alla zona rossa attorno alla Reggia. Ne segue il lancio di petardi e fuochi d’artificio ad altezza uomo verso le forze dell’ordine schierate e la risposta con il gas lacrimogeno che presto riempie piazza Vittorio Veneto. La giornata si conclude con alcuni fermi, tra i quali quello rocambolesco di un dimostrante.

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Nel basket mai dire è finita. A 2 secondi Torino beffata da Capo d’Orlando

Pioggia e freddo su Torino e doccia gelata all’interno del PalaRuffini. È stato questo l’epilogo dell’incontro tra Auxilium e Orlandina a cui il caldo pubblico gialloblù ha potuto assistere, terminato sul punteggio di 91 a 92.

Il killer della partita è stato uno degli indiziati meno accreditati, quel Vojislav Stojanovic, non ancora ventenne, che ha pensato di infilare l’unica tripla della sua serata a 2” e 70 dall’ultima sirena.

A nulla sono valsi gli ultimi due tentativi torinesi di impattare il risultato e così lo scontro diretto per la permanenza nelle zone di alta classifica ha visto prevalere i siciliani.

Occasione persa dalla Fiat che grazie ad una partenza brillante si è trovata a condurre anche di 15 lunghezze sospinta dai soliti White e Washington e da un Poeta in netta ripresa dopo l’infortunio.

All’esuberanza atletica dei piemontesi, i giocatori della Betaland hanno però contrapposto una buona organizzazione, fisicità nel pitturato, un Ivanovic lucido in regia e un Drake Diener in versione highlander, ottimo collante della squadra oltre che mortifero realizzatore dall’arco (15/33 di squadra).

I volti delusi a fine partita fanno intendere che con maggiore attenzione in difesa e un po’di cinismo in attacco, l’Auxilium poteva far suo il match e mantenere una posizione in classifica anche se insperata ad inizio stagione, sicuramente meritata analizzando il rendimento degli ultimi mesi.

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Il loro mestiere è raccontare come si vive con “gli spari sopra”. Gli scatti in mostra a Torino

dsc_6463Due le foto che possono rappresentare gli estremi della mostra “In prima linea. Donne fotoreporter in luoghi di guerra (fino al 13 novembre a Palazzo Madama di Torino): quella che ritrae tre donne armate in perfetta posa scattata da Annabel Van den Berger, scelta per il cartellone della mostra, e quella di Andreaja Restek che fissa il civile Siriano con giubbotto antiproiettile e Kalascnicof fumante che attraversa un incrocio sparando all’impazzata verso la zona da dove potrebbe arrivare il fuoco nemico.

Le 70 foto presentate dalle 14 donne fotoreporter non rappresentano, solo, immagini di guerra ma raccontano momenti di vita di chi cerca di sopravvivere nelle zone di conflitto o in quei Paesi dove i conflitti arrivano attraverso i racconti di chi tenta di lasciarseli alle spalle.

C’è lo scatto del militare che si protegge le orecchie mentre il compagno spara con un mortaio o la miliziana che accarezza un cane trovato per strada, il bambino che gioca con un’arma di legno oppure l’anziana donna con in mano un lenzuolo insanguinato, gli occhi delle donne siriane fuggite dal Libano e quelli azzurri di una ragazza in divisa. Momenti drammatici come la donna egiziana in rosso, inginocchiata, circondata da uomini e quelli di “pausa” come le donne nel Kurdistan appoggiate ad degli alberi mentre si riposano, una sembra intenta a scrivere una lettera, o del militare nella repubblica Centrafricana tranquillamente seduto su di una panchina con a fianco un “mucchio” d’armi.

Tra quelle che più di altre (per me) rappresentano la vita che continua nonostante tutto, quella scattata in Sudan da Camille Lapage che ritrae un uomo ed una donna per mano tra le macerie (e delle strutture di letti) ancora fumanti di un, credo, campo profughi.

Ma c’è differenza tra un fotoreporter donna ed uno uomo? Le durante la serata che l’Associazione Stampa Subalpina ha voluto dedicare alla presentazione della mostra dicono di no. Forse per loro è stato più difficile iniziare, raccontano, farsi prendere in considerazione ma poi il loro scopo è lo stesso dei colleghi uomini: raccontare cosa succedere con obiettività, dare voce a chi voce non ha.

Una signora seduta al mio fianco mentre guardiamo le fotografie che scorrono sugli schermi posizionati sotto il pavimento di vetro del cortile medievale di Palazzo Madama, mi dice: “ma come fanno a dormire la notte dopo aver visto tutto questo”?
La risposta l’aveva data qualche giorno prima Andreaja Restek, una delle fotoreproter che hanno esposto i propri lavori ma anche una delle organizzatrici. “Ognuna di noi –ha detto Andreaja Restekl- si comporta in maniera diversa anche se tutte ci creiamo una corazza con cui cerchiamo di tenere lontano il dolore che viviamo ma anche la consapevolezza di sapere che quello potrebbe essere stato il nostro ultimo viaggio”.

Come è stato per Camille Lapage, una delle 14 fotoreporter protagoniste della mostra. Camille è stata uccisa nella Repubblica Centrafricana nel 2014. Tra i suoi 5 scatti quello che la ritrae sorridente mentre attraversa un fiume con le sue macchine fotografiche al collo, gli scarponi in mano ed un gruppo di bambini alle spalle.

Una mostra da non perdere, potenti gli scatti, bellissimo l’allestimento. Unico appunto, le dimensioni dei caratteri delle descrizioni delle foto e dei profili delle autrici: troppo piccoli.

Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000; obiettivo Sigma 17-70mm

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