Napoli e la sua Metro “Art”

E’ vero, è difficile a Napoli imbattersi in una giornata di brutto tempo che vi “consigli” di trovare un posto al chiuso da visitare. In ogni caso tra i luoghi che dovete vedere assolutamente, mettete in programma anche le linee 1 e 6 della metropolitana partenopea.

Una visita dal costo contenuto, 1,10 euro (ovvero il costo del biglietto di viaggio) soprattutto se decidete di “visitare” la linea1: Garibaldi, Università, Municipio, Toledo, Dante, Museo, Materdei, Salvator Rosa, Quattro Giornate, Vanvitelli, Rione Alto le stazioni da visitare.  Se poi volete continuare per la linea 6 scendere a Mergellina, Lala, Augusto, Mostra.

Si accede ad in una stazione, si prende il biglietto e poi si scende ad ogni fermata e si gira per i corridoi si predono le scale mobili per vedere le istallazioni e le opere, circa 200, realizzate da più di novanta autori e da alcuni giovani architetti locali.

Finita la visita si risale sul treno per scendere alla fermata dopo.

I passaggi dei treni non sono frequentissimi, in certi orari può superare i 15 minuti ma in ogni fermata, le cose da vedere sono molte.

Sotto il nostro fotoracconto.

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Tirana e i simboli della nuova Albania

Locali alla moda, gallerie d’arte, negozi di abbigliamento delle griffe più trendy e tante auto di grossa cilindrata: questo è il Blloku, il quartiere animato di giorno e di notte dove tutti amano passeggiare, il quartiere dove  viveva asserragliato con la sua corte il dittatore Enver Hoxha .

A guidare questa voglia di rinnovamento una generazione di nuovi imprenditori molti dei quali ex ragazzini della “boat generation”: scappati in Italia con i gommoni  nel 1991. In fuga dal paese più paranoico è isolato d’Europa, ma ora ritornati.

Claudia racconta nel locale che gestisce con i fratelli: “ho vissuto  Milano per 10 anni e mi sono laureata in Economia alla Bicocca, ma sono tornata “. Si chiama Oda, la camera degli ospiti, ed è un piccolo ma delizioso ristorante dove gustare la cucina tradizionale Albanese, arredato con grande gusto con oggetti della trazione dei contadini e dei pastori appartenuti alla sua famiglia.

Tirana è anche incontro con il passato.

Per non dimenticare cosa ha rappresentato il regime comunista di Hoxha dove tutto era controllato anche il taglio dei capelli, dovete visitare BunkArt il museo storico allestito in uno dei numerosissimi bunker fatti costruire dal regime.

Subito dopo andate alla National Gallery of Art.  Oltre alle tele celebrative degli artisti albanesi del realismo socialista, potrete ammirate le opere di Julius Eb.  Artista contemporaneo, usa la fotografia per realizzare pannelli con immagini  dei nuovi valori  di quella che chiama la Generazione A, ossia i nati dopo il 1990 che non hanno conosciuto il comunismo ma che vivono in questo turbinio di cambiamenti.
Una sorta di archeologia digitale con soggetti dai colori sgargianti, prevalentemente femminili, tra i quali traspaiono sullo sfondo i simboli in bianco e nera del passato regime.

L’arte come sempre anticipa le tendenze.

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In “Loop” sui treni che corrono sopra Chicago

Chicago, la terza città degli Stati Uniti dopo New York e Los Angeles, vive adagiata lungo le sponde del lago Michigan. I 9,5 milioni di abitanti dell’area metropolitana (Chicagoland), un terzo afroamericani, un terzo europei, 20% di ispanici e numerosi asiatici, sono in continuo movimento per le ampie arterie della metropoli. Completamente ricostruita dopo l’incendio del 1871 la città ha intrapreso un’innovativa impresa igegneristica che ha fatto nascere a fine 800 una delle più prestigiose scuole di urbanistica ed architettura del pianeta.

I frutti sono stati numerosi tra questi la creazione del “loop”, una rumorosa ferrovia di 3 km (che fa parte delle linee della metro) che corre su binari sopraelevati attraversando le vie della downtown formando un anello (mezzo miglio quadrato) e delimitando il business district circolando rettangolarmente intorno di Lake Street a nord, Wabash Avenue a est, Van Buren Street sud e Wells Street ovest.

 

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Immagini di vitalità per le vie di Tunisi

Una giovane Tunisi vive all’aperto, fino a tarda notte, nell’aria mite di una giornata di novembre. I caffè e i ristoranti da strada sono animati e chiassosi. Verso il tramonto, per una dozzina di minuti, i passeri tra i rami degli alberi di Avenue Bourghiba coprono ogni altro rumore con il loro intenso vociare. Il frastuono cessa improvvisamente, e dopo qualche istante il silenzio viene subito riempito dal brusio dei clienti dei bar intenti a sorseggiare caffè o the alla menta al termine della giornata di lavoro.

Nei suk della Medina così come nei negozi che espongono le merci all’aperto nel quartiere coloniale Francese sono spariti quasi completamente i turisti.

Alla rivoluzione del 14 gennaio 2011, mi racconta un taxista in perfetto italiano, sono seguiti momenti difficili . Gli attentati al museo del Bardo e alla spiaggia di Sousse, con la morte di numerosi turisti hanno cancellato il paese dalle rotte delle crociere contribuendo a mettere in ginocchio l’economia Tunisina.

Le foto che vedi le ho scattate con un Nikon 5500 con focale 28 mm . Ripresa con la tecnica del jib arm secondo Glenn Capers.

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In kimono per onorare la tradizione e subito dopo condividerla

Due coppie di ragazzi che si fanno un selfie, con tanto di bastone, vestiti con il tradizionale kimono giapponese. Se capitate in uno dei luoghi di culto del Sol levante per la fine dell’anno, non sarà raro incontrare giovani vestiti con il simbolo della tradizione Giapponese. Da noi ci sono i botti, il cotechino, le lenticchie, il bacio sotto il vischio, la loro cultura prevede invece che il primo giorno dell’anno ci si vesta con il più dei tradizionali degli abiti giapponesi e ci si rechi nei templi o santuari, a seconda della religione abbracciata, esprimendo i desideri per il nuovo anno con amuleti e bigliettini appesi in apposite strutture.

Ed i giovani giapponesi seguono la tradizione, rimanendo calati tempo che stanno vivendo.

Kimono molto spesso affittati in uno dei tanti negozi che sorgono in prossimità dei luoghi di culto più frequentanti, tra bancarelle con ogni sorta di cibo e negozi di souvenir. All’interno di questi atelier kimono coloratissimi, bellissimi, con addette che con maestria e gusto ti vestono, pettinano e ti preparano per seguire la tradizione. Non esistendo taglie per il kimono da donna, sono le mani sapienti delle titolari dei negozi che con pieghe e rimbocchi li adattano alle forme delle signore e delle ragazze che li indossano.

Inquadro una ragazza vestita con un kimono molto raffinato, lei di fronte al parapetto di un tempio con lo sguardo perso verso l’infinita pianura di Kyoto. Scatto e lei li impassibile continua a contemplare ferma, immobile. Mi torna in mente Finardi e la sua Le ragazze di Osaka quando cantava: “Mi sento solo in mezzo alla gente, osservo tutto ma non tocco niente, mi sento strano e poco importante, quasi fossi trasparente” …

Poi una coppia di ragazzi, massimo vent’anni, lui vestito con un kimono verdone molto rigoroso, lei con uno coloratissimo il cui tessuto sembra morbidissimo, mi porgono il loro iPhone 6: can you take me a picture please?.

Con un cenno della testa annuisco, prendo lo smartphone, inquadro e scatto mentre loro con l’indice ed i medio della mano destra fanno una V.

D’altronde le tradizioni prima si rispettano ma subito dopo si condividono su Facebbok e Istagram.

 

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La Londra di sotto, che spettacolo per la streetphoto. Impossibile non innamorarsi

La mia passione per Londra risale a qualche anno fa, quando la mia ex ragazza mi propose di andare con lei a trovare degli zii, che vivevano a Londra appunto, per Natale. Inutile dire che accettai subito; ma non la cosa non avvenne ci separammo prima. Da allora Londra era ovunque: un film, un fumetto, la pubblicità di un sito di viaggi mostrava quanto fosse concorrenziale il volo Milano-Londra e così via.

Così, quest’anno, io e la mia ragazza (diversa dalla precedente per fortuna!), decidiamo di fare un viaggio a Londra!

Con queste fotografie ho voluto raccontare la Londra che mi ha affascinato. La Londra che respira e vive sotto la scorza di palazzi e strade ricolme di auto, taxi e autobus a due piani. La Londra della metropolitana o Underground o come la chiamano alcuni “The Tube”.

402 km di rotaie, 11 linee, 270 stazioni. Una città sotto la città dove ogni anni passano 28 milioni di persone. Una Londra fatta di artisti di strada, le cui note riecheggiano per i corridoi sotterranei in cambio di qualche spicciolo, di persone che si muovo invisibili e indifferenti, perse nei pensieri e nelle preoccupazioni delle giornate che non vogliono finire. Una Londra sotterranea dove c’è chi aspetta l’arrivo di un treno e chi corre mentre perde la coincidenza con quello successivo. Dove i segnali con scritto “way out” ti salvano la vita indicandoti l’uscita.

Mi sono innamorato di Londra sia quella di sopra che quella di sotto, non so come ma è successo, ma sono contento che sia successo

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Guggenheim di Bilbao, quando investire in cultura “rende”

E c’è chi pensa che investire in cultura non produce reddito. Quando andai la prima volta a Bilbao era una ventina di anni fa il Guggenheim era appena stato costruito: da una parte la “depressa” cittadina messa in ginocchio dalla crisi industriale, dall’altra la struttura in titanio del museo.

Oggi Bilbao è la seconda città più visitata della Spagna, è una città viva, in continua evoluzione, e non solo intorno al museo, completamente rinata anche nel suo cuore storico.

Le mostre ospitate all’interno del museo cambiano frequentemente, ma oltre alle opere d’arte moderna e design (non in tutte le sale è possibile fotografare) è la struttura architettonica creata   Frank Gehry che può interessare il fotografo.

Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000; Obiettivo Nikor 18-300 – Sony RX100

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A Milano, dove il vecchio incontra il nuovo che tocca il cielo

dsc_6389Topograficamente dovrebbe chiamarsi “Centro Direzionale” ma se a Milano chiedete indicazioni per arrivarci pochi sanno aiutarvi: tutto cambia se parlate della torre Unicredit.

E’ una delle zone nuove della capitale della Lombardia, l’area che comprende Porta Nuova, Piazza della Repubblica, via Melchiorre Gioia, Porta Garibaldi e il Palazzo della Regione.

E’ la zona dei localini, dei negozi, di Eataly, dove il vecchio è stato ristrutturato, la viabilità ripensata per bici e pedoni e dove il nuovo si eleva a toccare il cielo. Ma è anche il posto dove il fotografo “gode”: street, architettura, people. Tutto a pochi passi click dopo click.

Il nostro itinerario parte uscendo dalla metro Moscova prendendo corso Garibaldi, passando da Porta Garibaldi, e salendo fino all’area sotto la torre Fineco, la sua piazza con i riflessi d’acqua, camminando sotto il bosco verticale fino alla metro Gioia ricordando di passare da Palazzo Lombardia sede della Regione.

Ho scelto di fotografarla in bianco e nero anche se in una giornata di sole i colori sono notevoli.

Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000; Obiettivo Nikor 18-300

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A spasso a Torino in cerca della sua “magia”

Guardando una splendida Torino affollata di turisti e residenti in una fresca serata di metà giugno, ti viene difficile crederla come città al centro di poteri nefasti.

In piazza Castello incontro Valter, segue un corso per foto giornalismo e sta cercando ispirazione per un servizio proprio sulla Torino magica, sul lato scuro della magia ovviamente.

“Qui tra le due statue equestri al centro della cancellata che delimita il cortile d’ingresso di Palazzo Reale è uno dei punti magici della città”, mi dice indicando un paletto alla cui sommità un anello al quale sono collegate due grosse catene. L’anello è lucido a causa della credenza: toccarlo porterebbe bene.

Quello indicato da Valter, il paletto tra i due Dioscuri, Castore e Polluce a cavallo, sarebbe il punto da cui partono le 12 linee immaginarie che suddividono la città in 12 settori, ognuno dei quali corrisponde ad un segno zodiacale. La cancellata che delimita l’ingresso è orientata esattamente verso il punto in cui sorge il sole.

Valter a questa cosa della Torino magica dice di non crederci molto ma mi racconta della tragedia del cinema Statuto quando a causa di un incendio, il 13 febbraio 1983, morirono 64 persone: 31 uomini, 31 donne, 1 bambino, 1 bambina.

64 come le caselle della scacchiera sulla quale il Diavolo gioca la sua partita; tragedia consumata il giorno 13 che nella simbologia dei Tarocchi è il numero della morte.

“Il giorno prima dell’incendio a Torino si stava svolgendo il Carnevale della magia -mi racconta Valter che ha seguito l’evento come fotografo ufficiale- ed al cinema quando è scoppiato l’incendio proiettavano il film La Capra che è il simbolo del diavolo oltre ad essere il sinonimo, in francese, di sfortuna”.

“Parlare dei misteri di Torino, come città magica, è affascinante ma non semplice perché se da una parte esistono molte ricerche e pubblicazioni che evidenziano alcune sue particolari origini storiche e leggendarie, che a dire degli studiosi esoterici sono indubbi segni soprannaturali, dall’altra parte, in contrasto, vi è il positivismo torinese che limita o nega i fatti”, scrive Giuditta Dembech, giornalista e saggista autrice del libro “Torino città magica”.

“Torino -continua- è considerata in tutto il mondo città magica in virtù di vari fattori tra cui molte sculture simboliche (rosoni, draghi, mascheroni, cani, leoni) collocate in vari punti della città che avrebbero valenza duplice per la magia bianca o benefica (con Lione e Praga) e magia nera o satanica (con Londra e San Francisco) due anime che si combattono aspramente per affermare se stesse, nonché dal trovarsi all’incrocio di due fiumi, il Po e la Dora Riparia, che rappresenterebbero il Sole e la Luna, ma soprattutto sarebbe punto d’incontro di diverse linee sincroniche (ovvero del reticolo molto irregolare di linee o canali energetici percepiti dagli esoteristi che algerebbero il pianeta di cui la scienza non sa dare spiegazioni ma che già anticamente i cinesi chiamavano “schiena del drago”) che trova in Torino un luogo geografico come pochi altri simili al mondo”.

Soggettivo il cederci o meno e trovare o non trovare conferme nei tanti racconti, come quelli di chi della Torino magica ne ha fatto una forma di business.

Somewhere è una agenzia che da anni organizza il giovedì e sabato, di sera ovviamente, un tour di due ore e mezza alla scoperta della Torino magica, ma anche delle sue bellezze. 25 euro a persona e c’è pure la possibilità di comperare una maglietta ricordo. Italiani ma anche francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli, russi e giapponesi tra i clienti.

Intanto con Valter siamo arrivati davanti alla chiesa della Gran Madre, considerata uno dei luoghi centrali della magia bianca di Torino protetta da due statue, una dedicata alla Fede con il Graal in mano e l’altra alla Religione che sorregge una grande croce. La leggenda vuole che tra le due statue, sotto la grande scalinata che porta al colonnato della chiesa, sia sepolto proprio la coppa utilizzata da Gesù nell’ultima cena.

Le due statue hanno lo sguardo rivolto al centro di Torino, piazza Vittorio, la Mole Antonelliana, i Murazzi. Valter sta fotografando da vicino le statue, dalla mia posizione noto che il Santo Graal è proprio in mira del maxischermo allestito in piazza Vittorio per vedere le partite mondiali dell’Italia.

“Ecco li si che ci servirebbe un po’ di magia”, penso. Poi guardo oltre: Torino da qui è davvero magica.

Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000; Obiettivo Sigma 17-70

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