Harari/Italians: in mostra i volti che raccontano la loro storia

Guido Harari, celebre fotografo italiano, dopo gli appuntamenti di Ancona, Ferrara e Milano porta la sua straordinaria mostra fotografica “Harari/Italians” nella cittadina dove risiede, Alba (CN). Un progetto che celebra la cultura e la musica italiane attraverso ritratti iconici e profondi.

L’idea nasce dall’incontro di Harari con il giornalista Beppe Severgnini, che alla fine degli anni Novanta lanciava in RAI il programma “Italians, cioè italiani” dove intervistava trenta connazionali celebri in tutto il mondo

Harari, noto per la sua lunga carriera nel fotografare il mondo della musica e della cultura italiana, guida questa esposizione unica che cattura “l’anima di figure eccezionali che hanno modellato la memoria storica italiana”, trasformando ogni scatto in un’opera d’arte.

La mostra “Harari/Italians” (Alba, Fondazione Ferreo, fino al 26 maggio 2024, ingresso gratuito), si propone di riattivare una parte importante della storia culturale e umana italiana, esplorando i sogni e le storie di artisti, registi, intellettuali e personaggi di spicco della società italiana.

I visitatori potranno ammirare ritratti di registi, attori, politici e intellettuali italiani con uno sguardo che va oltre la superficie, rivelando l’anima e la personalità di ognuno. Oltre alle opere è possibile assistere alla proiezione (ogni ora) del documentario “Guido Harari.

Sotto il fotoracconto di Norberto Maccagno, Per vedere le immagini ingrandite, cliccate sulla prima e scorrete con la freccia a lato.

 

 

 

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San Francisco, l’amore per la città “disegnato” sui muri

“C’è così tanto amore in questa città” recita un murale nel distretto di Mission.

Forse l’amore non è necessariamente così tanto, ma c’è sicuramente qualcosa di molto speciale in questa città, che ho sempre sentito durante le numerose visite che ho fatto in 40 anni a questa bellissima signora distesa tra l’oceano e la baia.

E non è solo per le viste iconiche del ponte, di Lombard St. o dei cablecars: dai tempi di Janis Joplin e degli Airplane fino ad oggi è stata una questione di atmosfere, creata dai suoi cieli nuvolosi e dalle calde giornate di sole; tutti i tipi di musica, le bellissime case vittoriane, l’architettura moderna, i venditori di cibo di strada, i ristoranti bio-vegani, il Flower Power, la techno people. E la squadra dei 49ers, naturalmente. E i quartieri dove etnie provenienti dalle più disparate aree del mondo si sono stabilite nel tempo: Chinatown, North Beach, Japantown e il barrio latino nell’area lungo Mission street con i suoi meravigliosi murales che raffigurano scene di Santi e Madonne, antiche divinità Maya… e Santana.

E sopra a tutto questo – letteralmente – corrono le linee elettriche: una rete infinita di fili, che sembra mantenere unita tutta la città e portare la scintilla che dà vita alle diverse attività, ma che, allo stesso tempo, sono l’onnipresente elemento nel paesaggio urbano: un simbolo che ci riporta indietro nel tempo, ricordando la storia spesso avventurosa e drammatica di questa città.

Ma partendo proprio da quel murale citato nell’introduzione, vorrei portarvi in una colorata passeggiata alla scoperta delle opere degli artisti di strada che possono raggiungere livelli di elevata qualità sia artistica che di intensità del messaggio spesso legato al sociale. Infatti è facile trovare soggetti legati alle leggende mitologiche degli Aztechi, Maya o altre popolazioni precolombiane.

Oppure lavori che illustrano l’opera e le azioni di personaggi di diversa estrazione e di grande spessore – Frida Kahlo, Martin Luther King, Gandhi, Cesar Chavez, Oscar Romero – fino a uomini donne e bambini che hanno sofferto l’emigrazione, la violenza e i soprusi subiti in quanto immigrati clandestini o meno,  e sono diventate figure che con il loro storia drammatica sono diventate iconiche per una resistenza civile ai problemi derivati dalla carenza di diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione.

Un argomento ricorrente è il fare parte di una comunità e dunque molte opere celebrano non solo l’area della Mission ma anche scuole e particolari altri posti che sollecitano l’orgoglio di appartenenza e celebrano figure che hanno dato valore a queste piccole o grandi entità. Non solo riferenti alla comunità latina dato che che si possono ammirare murales dedicati ad altre comunità che vivono in città.  Ad esempio i murales rivolti alla comunità cinese, che descrivono fatti e personaggi di quel popolo.

Santana, i cui genitori sono emigrati insieme al giovanissimo Carlos dal Messico alla Mission, è un ‘eroe’ per la gente che vive in questo distretto. Pertanto aveva suscitato molto clamore il recente atto di vandalismo del murale rappresentante Santana, sulla 19 Strada all’incrocio con Mission St.  Il murale è stato ripristinato in pochi giorni, con grande ecco mediatico, dall’artista che lo aveva originariamente eseguito.

Ricordiamo che questo mezzo di espressione era stato sviluppato introdotto nella cultura messicana già in epoca precolombiana e in seguito rivitalizzato e sviluppato all’inizio del XX secolo poiché il vasto analfabetismo delle popolazioni Messicane e Latino Americane in generale,  poteva essere in parte superato da queste immagine didascaliche e di forte impatto sociale. I tre ‘maestri’ del muralismo furono ‘I Tre Grandi’, come erano chiamati Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Siqueiros, che seppure con approcci ‘marxisti’ diversi, hanno portato il ‘muralismo’ alle più alte vette espressive.

Rimaniamo però nell’ambito della città di San Francisco: proprio in questa città esistono ancora i tre più famosi murales (anche se il termine tecnico più appropriato sarebbe affresco) di Diego Rivera. la prima opera, terminata nel 1931, si intitola ‘Allegoria della California’ e la si può ammirare, in orari e giorni specifici, nella grande scalinata del City Club al n. 155 di Sansome Street.

La seconda opera, dello stesso anno, intitolata “La realizzazione di un affresco che mostra la costruzione di una città” e si trova al n. 800 di Chestnut St. all’interno del San Francisco Art Institute. È considerato un ‘affresco dentro un affresco’ poiché mostra i pittori mentre eseguono l’affresco stesso impegnati sulle impalcature, sovrapposte all’opera che stanno dipingendo.

La terza ed ultima opera eseguita negli Stati Uniti da Diego Rivera è la grandiosa ‘Unità Pan-Americana’, (il cui titolo ufficiale è ‘The Marriage of the Artistic Expression of the North and of the South on the Continent’) un ‘collage’ di 10 pannelli di diversi ma complementari argomenti che spaziano del Messico precolombiano alla Seconda Guerra Mondiale e che si possono ammirare nel City College di San Francisco al n. 50 di Phelan Avenue. La dimensione totale è di circa 7 metri di altezza per 23 metri di larghezza ed era stato commissionato a Rivera per essere esposto in occasione dell’Esposizione Internazionale del Golden Gate.Il lavoro cominciato nel giugno del 1940 non fu terminato in tempo per il settembre dello stesso anno, data di chiusura dell’Expo, ma fu nondimeno continuato e portato a conclusione nel mese di dicembre.

I murales si possono trovare in ogni zona della città ma molti sono localizzati nell’area di Mission Street dalla 17a alla 25a strada. In particolare alcune strade sono ormai dedicate da anni a questa arte come  Sycamore, Balmy, Cypress e Clarion. Ma ogni vicolo o traversa della zona può riservare grandi sorprese…

E’ da sottolineare la provvisorietà di molte di queste opere. Infatti, mentre per alcune di esse per il loro significato, per la dimensione e per il valore intrinseco dell’opera stessa rimangono intoccabili e/o periodicamente restaurati, molte altre vivono finché non vengono ricoperte da nuovi murales, anche nel giro di pochi giorni. (nelle foto successive si vedono 2 artisti eseguire la propria opera sovrapponendola a opere preesistenti”

La foto successiva ritrae un opera “intoccabile”, sul posto da 20 anni.

Seguono foto di soggetto vario astratto/fantastico

 

Sotto la gallery completa delle immagini. Cliccando sulla prima si ingrandisce e è possibile scorrerle in sequenza.

 

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Le Metropoli viste da Gabriele Basilico sono, in mostra

Da oggi 25 gennaio 2020, fino al 13 aprile, è possibile visitare a Palazzo delle Esposizioni di Roma, la mostra Gabriele Basilico. Metropoli, a cura di Giovanna Calvenzi e Filippo Maggia, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, realizzata in collaborazione con l’Archivio Gabriele Basilico.

Dedicata a uno dei maggiori protagonisti della fotografia italiana e internazionale, la rassegna è incentrata sul tema della città con oltre 250 opere in diversi formati datate dagli anni Settanta ai Duemila, alcune delle quali esposte per la prima volta.

“La metropoli -hanno spiegato durante l’inaugurazione i curatori- è sempre stata al centro delle indagini e degli interessi di Gabriele Basilico (Milano 1944-2013). Il tema del paesaggio antropizzato, dello sviluppo e delle stratificazioni storiche delle città, dei margini e delle periferie in continua trasformazione sono stati il principale motore della sua ricerca”.

La mostra analizza questi temi mettendo a confronto le opere realizzate nelle numerose città ritratte, tra le quali Beirut, Milano, Roma, Palermo, Napoli, Barcellona, Madrid, Lisbona, Parigi, Berlino, Buenos Aires, Gerusalemme, Londra, Boston, Tel Aviv, Istanbul, Rio de Janeiro, San Francisco, New York, Shanghai, accostate secondo analogie e differenze, assonanze e dissonanze, punti di vista diversi nel modo di interpretare e di mettere in relazione lo spazio costruito.

Il percorso espositivo della rassegna si articola in cinque grandi capitoli: “Milano. Ritratti di fabbriche 1978-1980”, il primo importante progetto realizzato da  Basilico; le  “Sezioni del paesaggio italiano”, un’indagine sul nostro Paese suddiviso in sei itinerari realizzata nel 1996 in collaborazione con Stefano Boeri e presentata alla Biennale Architettura di Venezia; “Beirut“, due campagne fotografiche per la prima volta esposte insieme, realizzate nel 1991 in bianco e nero e nel 2011 a colori, la prima alla fine di una lunga guerra durata oltre quindici anni, la seconda per raccontarne la ricostruzione; “Le città del mondo”, un viaggio nel tempo e nei luoghi da Palermo, Bari, Napoli, Genova e Milano sino a Istanbul, Gerusalemme, Shanghai, Mosca, New York, Rio de Janeiro e molte altre ancora; infine  “Roma”, la città nella quale Basilico ha lavorato a più riprese, sviluppando progetti sempre diversi fino al 2010, in occasione di una stimolante quanto impegnativa messa a confronto tra la città contemporanea e le settecentesche incisioni di Giovambattista Piranesi.

Oltre alle opere in mostra, viene proposta un’ampia biografia illustrata che racconta attraverso brevi testi e immagini il percorso artistico e professionale di Basilico e tre video.

Sotto il fotoracconto di Stefano Cipriani, a questo link le immagini ad uso editoriali. Per visualizzare le foto clicca sulla prima e poi scorri con la freccia.

 

 

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A spasso tra i caldi colori dell’ocra

Se le vostre vacanze vi portano in Provenza (Francia), c’è un paesino che non dovete perdervi: Roussillon.

Arroccato su di una collina è famoso per il suo “Sentiero delle Ocre”, dove il colore forte delle rocce contrasta con il verde degli alberi ed il celo azzurro della Provenza.

Le rocce per certi versi ricordano il Moab dello Utah o il Brice Canyon, anche se lo spazio è decisamente più “ristretto”.  

Due i sentieri da percorrere a piedi tracciati, ben segnalati e fattibili anche con bambini, uno da 30 minuti e uno da 60 minuti (ma i tempi indicati sono molto generosi) che vi porteranno nel cuore del parco ammirandone i colori e le forme delle rocce e della vegetazione.

Infine, uscendo dal parco, un giro per le vie stette del paesino e lo sguardo sulla valle dalla sommità della piazza del paese è d’obbligo.

A questo link il sito ufficiale.

Sotto il nostro fotoracconto.

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Napoli e la sua Metro “Art”

E’ vero, è difficile a Napoli imbattersi in una giornata di brutto tempo che vi “consigli” di trovare un posto al chiuso da visitare. In ogni caso tra i luoghi che dovete vedere assolutamente, mettete in programma anche le linee 1 e 6 della metropolitana partenopea.

Una visita dal costo contenuto, 1,10 euro (ovvero il costo del biglietto di viaggio) soprattutto se decidete di “visitare” la linea1: Garibaldi, Università, Municipio, Toledo, Dante, Museo, Materdei, Salvator Rosa, Quattro Giornate, Vanvitelli, Rione Alto le stazioni da visitare.  Se poi volete continuare per la linea 6 scendere a Mergellina, Lala, Augusto, Mostra.

Si accede ad in una stazione, si prende il biglietto e poi si scende ad ogni fermata e si gira per i corridoi si predono le scale mobili per vedere le istallazioni e le opere, circa 200, realizzate da più di novanta autori e da alcuni giovani architetti locali.

Finita la visita si risale sul treno per scendere alla fermata dopo.

I passaggi dei treni non sono frequentissimi, in certi orari può superare i 15 minuti ma in ogni fermata, le cose da vedere sono molte.

Sotto il nostro fotoracconto.

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