World Press Photo Exhibition, a Roma

Dal 6 maggio all’8 giugno 2025 Palazzo Esposizioni Roma presenta World Press Photo Exhibition 2025, il più importante concorso di fotogiornalismo che da 70 anni premia ogni anno i migliori fotografi professionisti.

Le fotografie esposte a Palazzo Esposizioni raccontano i momenti chiave dei fatti di cronaca accaduti nel 2024, soffermandosi sull’immigrazione, sulle conseguenze della crisi climatica, sui conflitti in Sudan, Ucraina e nella Striscia di Gaza, testimoniando anche le storie dei sopravvissuti.

Tra le tre categorie del Premio – Single, Story e Long-Term Project – sono stati selezionati 42 progetti sono state premiate 144 fotografie scelte tra 59.320 immagini ricevute da 3.778 fotografi provenienti da 141 Paesi.

A vincere il World Press Photo of the Year, lo scatto della fotografa palestinese Samar Abu Elouf, fatta per il New York Times, che ritrae un bambino di 9 anni – Mahmoud Ajjour – rimasto coinvolto in un’esplosione perdendo entrambe le braccia mentre cercava di fuggire con la sua famiglia da un attacco israeliano a Gaza (marzo 2024). Le due fotografie finaliste sono Night Crossing un ritratto significativo del complesso meccanismo della migrazione, realizzato dallo statunitense John Moore, che ritrae migranti cinesi mentre si scaldano intorno al fuoco dopo aver attraversato il confine fra Messico e Stati Uniti; e Droughts in the Amazon del fotografo messicano Musuk Nolte che racconta di un ragazzo che porta del cibo alla madre nel villaggio di Manacapuru, raggiungibile oggi solo a piedi, lungo il letto arido di un fiume. Per anni l’unico accesso al villaggio era tramite imbarcazioni, ma il cambiamento climatico ha stravolto il paesaggio e la vita dei suoi abitanti.

In mostra a Palazzo Esposizione anche il lavoro di Cinzia Canneri, unica fotografa italiana premiata quest’anno, che ha vinto il premio Long-Term Projects – assegnato ai lavori che abbracciano un periodo di tempo più esteso – per l’area dell’Africa, dove ha seguito le vite di alcune donne in fuga dal regime repressivo in Eritrea e dal conflitto in Etiopia.

Questi lavori testimoniano il potere del fotogiornalismo autentico e della fotografia documentaria, offrendo uno spazio di riflessione in tempi di urgenza attraverso l’eccellenza estetica e il rigore per l’accuratezza.

Sotto il fotoracconto della visita di Stefano Cipriani. Per vedere le immagini ingrandite, cliccate sulla prima e scorrete con la freccia a lato.

 

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Harari/Italians: in mostra i volti che raccontano la loro storia

Guido Harari, celebre fotografo italiano, dopo gli appuntamenti di Ancona, Ferrara e Milano porta la sua straordinaria mostra fotografica “Harari/Italians” nella cittadina dove risiede, Alba (CN). Un progetto che celebra la cultura e la musica italiane attraverso ritratti iconici e profondi.

L’idea nasce dall’incontro di Harari con il giornalista Beppe Severgnini, che alla fine degli anni Novanta lanciava in RAI il programma “Italians, cioè italiani” dove intervistava trenta connazionali celebri in tutto il mondo

Harari, noto per la sua lunga carriera nel fotografare il mondo della musica e della cultura italiana, guida questa esposizione unica che cattura “l’anima di figure eccezionali che hanno modellato la memoria storica italiana”, trasformando ogni scatto in un’opera d’arte.

La mostra “Harari/Italians” (Alba, Fondazione Ferreo, fino al 26 maggio 2024, ingresso gratuito), si propone di riattivare una parte importante della storia culturale e umana italiana, esplorando i sogni e le storie di artisti, registi, intellettuali e personaggi di spicco della società italiana.

I visitatori potranno ammirare ritratti di registi, attori, politici e intellettuali italiani con uno sguardo che va oltre la superficie, rivelando l’anima e la personalità di ognuno. Oltre alle opere è possibile assistere alla proiezione (ogni ora) del documentario “Guido Harari.

Sotto il fotoracconto di Norberto Maccagno, Per vedere le immagini ingrandite, cliccate sulla prima e scorrete con la freccia a lato.

 

 

 

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All you need is…“click”. Fotografando i Beatles

I Beatles sono ancora la band di maggior successo nella storia della musica e hanno plasmato la cultura pop come nessun altro. A questo fenomeno hanno contribuito i fotografi che hanno immortalato ogni istante della decennale storia della band. Le loro immagini, riprodotte un miliardo di volte su copertine di dischi, copertine di periodici, poster, cartoline autografe, furono un carburante per la Beatlemania tanto importante quanto la musica stessa.

La mostra ‘All You Need Is Love’, conclusasi presso la galleria e Museo della Fotografia WestLicht a Vienna, mette in luce gli approcci più diversi con cui è stato alimentato il loro culto:  dal reportage mai mostrato prima di Peter Brüchmann del tour tedesco ‘Bravo Blitz’ del 1966 ai poster di pop art psichedelici di Richard Avedon fino agli outtakes del leggendario servizio di copertina di Abbey Road.

Ma il viaggio fotografico nel tempo rivela anche le metamorfosi esterne e interne dei Fab Four.

Mentre Max Scheler, per la rivista Stern, con il suo viaggio a Liverpool alle origini della loro fama, ha scattato fotografie quasi familiari, la crescente estraneità tra John, Paul, George e Ringo è palpabile per la prima volta nei ritratti molto personali di Linda McCartney del 1967 ed anni successivi.

Completata da immagini dell’unico soggiorno dei Beatles in Austria, riviste originali e rare copertine di LP, la mostra permette di vivere il fascino dei Beatles che rimane ininterrotto fino ad oggi.

Guarda il fotoracconto di Stefano Cipriani, per ingrandire le immagini clicca sulla prima e scorri con la freccia laterale.

 

 

 

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“Un’antologia” di Paolo Pellegrin è alla Reggia

Dopo essere stata presentata al MAXXI di Roma e alla Deichtorhallen di Amburgo, la mostra “Un’Antologia” di Paolo Pellegrin arriva nelle Sale delle Arti della Venaria Reale.
Rispetto a quella allestita al MAXXI, le sale più piccole della Reggia -ma più numerose- offrono la possibilità di apprezzare maggiormente le opere che, nella versione “sabauda”, sono state arricchite anche con dei filmati. L’adattamento della mostra allo spazio espositivo della Reggia di Venaria è stato curato dallo stesso Pellegrin.

La rassegna presenta oltre 200 fotografie selezionate dall’archivio personale del fotografo della storica agenzia Magnum Photos.

“Le fotografie di Pellegrin, per la gran parte in bianco e nero, ci portano “Tra il buio e la luce”, dai conflitti armati che dilaniano il mondo, all’emergenza climatica che aggredisce e ferisce la Natura e lo stesso Uomo, come nel caso degli incendi in Australia”, spiegano nel comunicato stampa gli organizzatori.

Particolarità della mostra di Venaria -oltre alla location che già da sola merita la visita- una sezione speciale ed inedita dedicata ad un racconto personale ed intimo di Pellegrin: le fotografie realizzate in Svizzera con la propria famiglia durante il periodo della quarantena per il lockdown del coronavirus. La dimostrazione che non serve essere in Afghanistan, in Cisgiordania, in Iraq per raccontare storie attraverso gli scatti. Se sei Pellegrin, anche dal giardino di casa si può creare emozioni.

Queste foto –ha raccontato Paolo Pellegrin– sono molto diverse dal mio abituale lavoro. Dopo decenni di un certo tipo di fotografia, molto cinetica e molto dinamica, mi sono ritrovato a cercare momenti di silenzio. Non avevo mai fotografato seriamente la mia famiglia o le ragazze prima. Sì, li ho fotografati con un iPhone, come farebbe qualsiasi altro genitore, ma sentivo di voler documentare quel momento. E’ stato il periodo più lungo in cui sia mai stato con la mia famiglia perchè sono sempre in viaggio. Passare quel tempo insieme è stato molto speciale. Allo stesso tempo, non penso alle immagini come a un diario di una quarantena. Ovviamente quell’elemento c’è, ma ho voluto toccare qualcosa che fosse più atemporale e universale. Qualcosa sulle ragazze, sul passare del tempo, sui cambiamenti. Qualcosa che fosse nel momento ma che anche lo trascendesse”.

La mostra sarà visitabile fino al 31 gennaio 2021, gli ingressi, anche nelle singole sale, sono a numero limitato per via delle norme anti Covid: meglio prenotare la visita online.

Sotto il nostro fotoracconto della visita. Clicca sulla prima foto per ingrandirla e scorri per vedere tutte le altre.

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Le Metropoli viste da Gabriele Basilico sono, in mostra

Da oggi 25 gennaio 2020, fino al 13 aprile, è possibile visitare a Palazzo delle Esposizioni di Roma, la mostra Gabriele Basilico. Metropoli, a cura di Giovanna Calvenzi e Filippo Maggia, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, realizzata in collaborazione con l’Archivio Gabriele Basilico.

Dedicata a uno dei maggiori protagonisti della fotografia italiana e internazionale, la rassegna è incentrata sul tema della città con oltre 250 opere in diversi formati datate dagli anni Settanta ai Duemila, alcune delle quali esposte per la prima volta.

“La metropoli -hanno spiegato durante l’inaugurazione i curatori- è sempre stata al centro delle indagini e degli interessi di Gabriele Basilico (Milano 1944-2013). Il tema del paesaggio antropizzato, dello sviluppo e delle stratificazioni storiche delle città, dei margini e delle periferie in continua trasformazione sono stati il principale motore della sua ricerca”.

La mostra analizza questi temi mettendo a confronto le opere realizzate nelle numerose città ritratte, tra le quali Beirut, Milano, Roma, Palermo, Napoli, Barcellona, Madrid, Lisbona, Parigi, Berlino, Buenos Aires, Gerusalemme, Londra, Boston, Tel Aviv, Istanbul, Rio de Janeiro, San Francisco, New York, Shanghai, accostate secondo analogie e differenze, assonanze e dissonanze, punti di vista diversi nel modo di interpretare e di mettere in relazione lo spazio costruito.

Il percorso espositivo della rassegna si articola in cinque grandi capitoli: “Milano. Ritratti di fabbriche 1978-1980”, il primo importante progetto realizzato da  Basilico; le  “Sezioni del paesaggio italiano”, un’indagine sul nostro Paese suddiviso in sei itinerari realizzata nel 1996 in collaborazione con Stefano Boeri e presentata alla Biennale Architettura di Venezia; “Beirut“, due campagne fotografiche per la prima volta esposte insieme, realizzate nel 1991 in bianco e nero e nel 2011 a colori, la prima alla fine di una lunga guerra durata oltre quindici anni, la seconda per raccontarne la ricostruzione; “Le città del mondo”, un viaggio nel tempo e nei luoghi da Palermo, Bari, Napoli, Genova e Milano sino a Istanbul, Gerusalemme, Shanghai, Mosca, New York, Rio de Janeiro e molte altre ancora; infine  “Roma”, la città nella quale Basilico ha lavorato a più riprese, sviluppando progetti sempre diversi fino al 2010, in occasione di una stimolante quanto impegnativa messa a confronto tra la città contemporanea e le settecentesche incisioni di Giovambattista Piranesi.

Oltre alle opere in mostra, viene proposta un’ampia biografia illustrata che racconta attraverso brevi testi e immagini il percorso artistico e professionale di Basilico e tre video.

Sotto il fotoracconto di Stefano Cipriani, a questo link le immagini ad uso editoriali. Per visualizzare le foto clicca sulla prima e poi scorri con la freccia.

 

 

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