La vigilia elettorale in una Argentina in profonda crisi

A una settimana dalle votazioni per le elezioni presidenziali in Argentina, il candidato uscente Mauricio Macri, esponente di “Juntos por el cambio”, ha tenuto a battesimo la marcia del “Si se puede” lo slogan con cui sta conducendo la campagna elettorale. Macri sta cercando di invertire le previsioni che lo vedono nettamente in svantaggio rispetto al principale sfidante Alberto Fernandez del “Frente de todos”  leader del blocco peronista che presenta la ex presidente, la chiacchieratissima  Cristina Fernández de Kirchner come candidata alla vicepresidenza.

L’impresa sembra improbabile: a 3 giorni dalle elezioni, emerge una conferma di quanto rilevato dal voto delle primarie obbligatorie dell’11 agosto scorso; anzi sembra che secondo i numerosi sondaggi sulle intenzioni di voto, la forbice del divario si sia ampliata attestandosi intorno ai 20 percentuali.

Oggi rispetto due mesi fa, Macri sembra ricevere il solo sostegno dei fedelissimi non riuscendo ad ampliare la base elettorale.

Macri sebbene rimanga favorito nella capitale, pare sia condannalo ad una quasi certa sconfitta, in queste che sono le elezioni più importanti degli ultimi anni, soprattutto a causa di una situazione  del paese pesantissima.

Da quando nel 2015 è diventato presidente, si è registrato un drammatico peggioramento delle condizioni economiche e sociali. L’iper svalutazione del Peso sul Dollaro (da un rapporto di 1 a 15 a uno di 1 a 60 nel giro di 4 anni) con conseguente di un’ingente fuga di capitali, l’impennata vertiginosa dei prezzi di luce gas e trasporti, l’aumento di disoccupazione e delle condizioni di indigenza di un paese con più di 12 milioni di poveri e che con le risorse a disposizione potrebbe quotidianamente sfamare 400 milioni di persone, hanno portato l’Argentina sull’orlo del baratro.

Lo spettro della crisi del 2001 aleggia nell’aria già da tempo. La rabbia e la sofferenza per la situazione salta agli occhi semplicemente camminando per le strade della capitale. Tra gli aspetti più evidenti, si nota  di quanto sia aumentato in maniera esponenziale il numero delle persone che vivono e dormono in strada, soprattutto nelle zone del microcentro, i “cartoneros”,  nati con la crisi di inizio millennio, si sono moltiplicati a dismisura, i “comedores”, mense sociali solidali, traboccano di richieste e devono combattere con i tagli alle risorse. L’insoddisfazione si legge negli occhi della gente che deve fare i conti con una gestione sempre più complicata del quotidiano.

Anche se risultato delle votazioni di domani domenica 27 ottobre, sembra scontato e sia rivolto verso un cambio, i fedelissimi dei due fronti principali ostentano sicurezza e qui più che altrove nulla si può dare per scontato.

A prescindere da chi occuperà per i prossimi 4 anni la “Casa Rosada” il compito improbo. Il presidente dovrà subito dare segnali forti di inversione della rotta e rassicurare in primis i mercati. Inevitabilmente saranno varate riforme che costeranno lacrime e sangue e che con tutta probabilità colpiranno le classi che già sono gravissima in difficoltà.

Reportage e foto di Stefano Scherma.

 

 

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Argentina: la protesta sulle diseguaglianze sociali in Cile. E’ sconto con la polizia

La prevista manifestazione pacifica di lunedì 21 ottobre presso il Consolato cileno nel centro Buenos Aires a sostegno delle proteste in Cile contro l’aumento del 4% di prezzi del biglietto del bus, in generale contro il carovita e per protestare per i 15 morti e 2463 feriti (per ora) avvenuti negli scontri fra manifestanti e polizia, ha trasformato il centro della capitale argentina in un pomeriggio di guerriglia urbana.

Quando Stefano Scherma mi ha avvisato del sit-in, mi sono precipitata, li ho ascoltati, li ho registrati, li ho intervistati. La maggior parte di loro sono giovani cileni che vivono in Cile.

La situazione sembrava tranquilla tant’è vero che con Stefano siamo andati a prendere un caffè in un bar lì vicino. Nemmeno il tempo di finirlo che vediamo il movimento dei poliziotti che in massa si avvicina alla zona della protesta. Due minuti dopo eravamo in una pioggia di bottiglie che i dimostranti hanno lanciato contro la polizia i quali hanno risposto con colpi che mi hanno colpito e ferito alla gamba.

Nel frattempo alcuni dei dimostranti si sono recati nell’ambasciata per consegnare un documento al Console in cui:

  • Hanno chiesto di incontrare il presidente Piñera da La Moneda.
  • Hanno richiesto giustizia per i 13 morti ed equità nella qualità della vita.
  • Hanno affermato che le proteste non derivano dall’aumento di 30 pesos del prezzo del biglietto dei trasporti, ma da trent’anni di disuguaglianza.

Secondo le dichiarazioni, coloro che hanno portato il documento a Console sono stati maltrattati dai funzionari del consolato.

Alle 20.00 la situazione era sotto il controllo della polizia mentre i manifestanti rimasti cantavano “que lo vengan a ver, que lo vengan a ver, esto no es un gobierno son puras leyes de Pinochet”

Reportage di Sikiuk Mendez corrispondente di “Te lo cuento news”. Foto di Stefano Scherma

 

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Ricordare: ahora y siempre

Ahora y siempre  30.000 desaparecidos, presentes, ahora y siempre. Lo slogan urlato a ripetizione e diventato icona della memoria di un popolo, risuona in una Plaza de Mayo gremita all’inverosimile.

Buenos Aires 24 marzo 2019.

La stessa imponenza è riprodotta in centinaia di città in tutto il paese. Sarebbe necessario aggiungerle per quantificare adeguatamente l’entità del giorno: a 43 anni dal colpo di stato si è svolta a Buenos Aires la marcia per il “El Día Nacional de la Memoria por la Verdad y la Justicia”, la Giornata Nazionale della Memoria della Verità e della Giustizia.

Il nome, adottato nel 2001, con cui l’Argentina il 24 marzo celebra la commemorazione dell’anniversario del colpo di Stato civile-militare del 1976 e condanna il terrorismo di Stato, i crimini contro l’umanità perpetrati dalla sanguinosa dittatura dei generali dal 1976 al 1983.

Il 24 marzo ricorda soprattutto i 30.000 desaparecidos di quegli anni terribili: persone rapite, torturate e uccise nel nome del piano di riorganizzazione generale, il terrorismo di stato che uccise coloro che si opponevano alle idee politiche del governo.

Le protagoniste assolute della marcia sono le Madres de Plaza de Mayo un gruppo di donne lottatrici da anni politicamente organizzate e molto influenti, ma che dall’aprile del 1977, in pieno periodo repressivo cominciarono ad incontrarsi in Plaza de Mayo con il loro caratteristico fazzoletto bianco per rivendicare notizie e giustizia per i loro figli scomparsi.

Durante quegli anni si sono opposte alle feroci misure adottate dal governo, subendo continue persecuzioni, rapimenti e sparizioni. Nonostante la fine della dittatura del 1983 e l’avvio della fase di transizione democratica nel1983, le Madres hanno continuato con le loro marce e le loro azioni di giustizia, chiedendo la condanna dei militari assassini.

Nel corso degli anni le Madres sono diventate sempre più politicamente importanti e influenti ricevendo inoltre il sostegno e riconoscimento da tutte le più organizzazioni internazionali e associazioni per i diritti umani. Proprio per questo motivo e complice una situazione politico economica sempre più complessa, sempre di più la manifestazione del 24 marzo ha assunto un significato molto forte. E’ diventata la manifestazione delle manifestazioni in cui tutte le rivendicazioni di parità, sostegno economico giustizia sociale si concentrano proprio.

Sono grida di memoria, verità e giustizia con un occhio rivolto al passato, con uno al presente per cercare di cambiare una prospettiva futura che al momento non è rassicurante; un futuro pesantemente condizionato dal capo del governo, Mauricio Macri erede politico di coloro che hanno impiantato il capitalismo selvaggio attraverso le armi e la repressione.

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Boca Vs River. La partita vissuta nel covo dei tifosi del Boca

Dopo i disordini avvenuti all’esterno dello stadio River Palte a Buenos Aires, la finale del più importante torneo del calcio sudamericano (la Copa Libertadores) tra River Plate e Boca Juniors, le due maggiori squadre di Buenos Aires, si è giocata in Spagna, a Madrid.

3 a 1 il risultato finale per il River Plate che si aggiudica il trofeo.

Stefano Scherma ha visto la partita in un bar “culto”, nel quartiere della Boca all’interno del “ribeira sul”, un prolungamento dello stadio “la bomboniera” in cui si radunano “xeneises”, i tifosi del Boca junior. Un bar in cui i frequentatori più che tifosi sono degli attivisti del tifo.

Sotto il fotoracconto delle emozioni e la delusione dei tifosi.

 

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Scontri al G7 di Torino

Sabato 25 settembre 2017, il corteo di protesta al G7 sul lavoro di Venaria Reale tenta l’assalto alla zona rossa attorno alla Reggia. Ne segue il lancio di petardi e fuochi d’artificio ad altezza uomo verso le forze dell’ordine schierate e la risposta con il gas lacrimogeno che presto riempie piazza Vittorio Veneto. La giornata si conclude con alcuni fermi, tra i quali quello rocambolesco di un dimostrante.

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Asti e le (poche) piste ciclabili

asti-e-le-piste-ciclabili-24Una sana gita in bici rimane un bel passatempo se convergono alcuni fattori: avere una bici, trovare un percorso tranquillo con un bel panorama e che sia pedalabile -quindi poche salite- e l’assenza di auto.
A Corrado piace andare in bicicletta, forse perchè è una delle cose che riesce a fare con suo padre. A 12 anni, anche se vivi in una città piccola come Asti, non riesci a pedalare tranquillo per le strade tra auto e camioncini che continuano a sfrecciarti a pochi centimetri a fianco.
E pedalare sui marciapiedi non è il massimo, oltre ad essere vietato.
Di piste ciclabili ad Asti ne avevano previste tre che avrebbero dovuto tagliare la città portando i ciclisti dalle principali porte cittadine al centro storico.
Con i fondi dell’alluvione ne hanno realizzata una sola che dalla zona Est porta alla stazione ferroviaria. Tre chilometri scarsi passando per un viale sempre all’ombra e fiancheggiando una strada molto trafficata e mai avvicinandosi al centro storico, unica zona chiusa al traffico della città.
Per arrivarci Corrado e suo padre devono percorrere due stradoni attraversare tre pericolose rotonde e poi tre chilometri, oramai, li percorre in pochi minuti. Meglio lasciare perdere e scegliere alternative.
L’alternativa, se si vuole fare una bella pedalata di un’oretta, sono gli argini del Tanaro. Fiancheggiando il fiume che delimita la parte Sud della città, andando verso Ovest, si potrebbe raggiungere addirittura la città di Alba dove, li sì, il lungo fiume è stato trasformato in pista ciclabile.
Da Asti non si può, quella zona lungo fiume è un dedalo di stradine dove perdersi è un attimo prima di trovare quella giusta e poi ci sono le tante cave ancora attive che sbarrano la via.
Unica alternativa è dirigersi ad Est lungo il fiume: direzione Castello D’Annone, paesino verso Alessandria. 25 km andata e ritorno, tutto in pianura, in mezzo al verde, con un bel panorama, almeno in teoria.
Punto di partenza è il Parco Lungo Tanaro, uno dei pochi sfoghi verdi della città: campo da calcio, rugby, tamburello, ritrovo di skater grazie alla pista realizzata da qualche anno, area giochi per i più piccoli, spazio picnic ed un bel percorso per chi vuole camminare o allenarsi di corsa.
Corrado e suo papà oramai hanno trovato dei percorsi alternativi per raggiungere il parco senza rischiare un incontro troppo ravvicinato con le auto e da dove cominciare la vera pedalata.
Nel primo tratto, all’interno del parco, si viaggia lentamente soprattutto nei molto affollati giorni festivi. Raggiunto il ponte della ferrovia si comincia a fare sul serio, si passa a fianco del depuratore e si imbocca una strada sterrata parallela al fiume sotto una fresca vegetazione discretamente curata preda solo dei patiti della corsa, o dei ciclisti: ma soprattutto chiusa alle auto. Purtroppo finisce subito, sarà lunga meno di 2 km. Al fondo il ponte della tangenziale ed una casa abusiva molto famosa in città in quanto a fermare i lavori ci pensò la prima piena del fiume e non il Comune.
Da qui parte la strada più o meno sterrata che molti astigiani utilizzano come ciclabile, sapendo però che non è chiusa al traffico.
Fortunatamente essendo abbandonata al degrado del tempo le auto, almeno quelle normali, non la frequentano molto: buche che si trasformano in piscine e sabbia che diventa fango alle prime gocce di pioggia aiutano a tenere alla larga molte quattro ruote.
Il percorso fiancheggia il fiume e la campagna è coltivata un po’ a grano, un po’ a pioppeti.
Nel tempo la strada è diventata una piccola discarica a cielo aperto nonostante i cartelli ricordino la possibilità di smaltire, gratuitamente, rifiuti ingombranti all’eco-centro del Comune, peraltro poco distante.
Passato il ponte sul rio Versa , piccolo affluente del Tanaro, si continua sulla destra fiancheggiando una cascina ed una cava.
Nello slargo si è soliti incontrare alcune auto parcheggiate con uomini, soli, in attesa di incontri.
Da questo punto i campi cominciano ad essere meno coltivati, gli argini del fiume poco alti favoriscono le frequenti piene, nessun problema invece per i pioppi.
In lontananza si scorge il nuovo carcere. Costeggiando il laghetto dove un tempo si praticava la pesca alla trota continuiamo a pedalare fino al ponte sul fiume Tanaro di Castello D’annone. Una bevuta alla borraccia, giriamo le bici e ritorniamo dalla strada da cui siamo venuti.
Durante il percorso di ritondo incontriamo altri ciclisti attrezzati di tutto punto e qualche famigliola al completo.
Corrado, come sempre, si è divertito.
“Bella giornata papà”, mi dice. “Certo che bello avessimo a disposizione un posto come quello dove siamo andati vicino a Torino (il lungo Po’ da Moncalieri a San Mauro NdR) o quello al mare (da Imperia a Sanremo NdR)”.
Sorrido e gli dico che ha ragione ma ad Asti bisogna accontentarsi.
Purtroppo le elezioni non si vincono con le ciclabili, anche se poi, quando ci sono, i cittadini le usano e sono contenti di farlo.

Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000; Obiettivo Nikor 18-300; Sigma 17-70

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I bersaglieri ad Asti

Erick, classe 1989, ha la passione per la musica, suona la tromba.
“Sembra uno strumento comune ma non è facile trovare spazio per suonarlo”, mi spiega.“Nelle rock-band non è molto utilizzato così per suonarlo devi trovare un posto in qualche orchestra o banda”.
Lui il posto l’ha trovato nella Fanfara dei Bersaglieri della Valdossola, anche se il militare non l’hafatto.“Non era più obbligatorio”.
Insieme ad altri 8 amici Erik è ad Asti, in Piemonte, per il 62° Raduno Nazionale dei Bersaglieri ed con altri 80 mila ex militari, amici e simpatizzanti domani, domenica, parteciperà alla parata per levie cittadine.
Oggi sono in piazza Alfieri per l’esibizione musicale sotto il primo torrido sole di questa estate che sta per cominciare.
Erick si toglie il cappello e lo passa ad una signora che ha chiesto al marito di farle una foto“ con questi bei giovani”.“E quando mi ricapita”, dice ad alta voce.
Marco che con Giulio è l’unico della Fanfara ad aver fatto il militare (solo Giulio l’ha fatto nei Bersaglieri) ci spiega che sono spesso in giro per l’Italia per concerti.“Qualche settimana faeravamo a Strasburgo al Parlamento Europeo”, racconta.“Un modo per coltivare la nostra passione per la musica e visitare posti”.
La signora è ancora tra Erik ed un altro giovane componente della Fanfara, con il cappello con le piume di gallo in testa sfoggiando un sorriso soddisfatto. Il marito, a qualche metro di distanza, continua a scattare foto, meno convito. In piazza la Fanfara di Caltanissetta suona Ciuri Ciuri, il pubblico riparato dal sole sotto i platani secolari che circondano la piazza, applaude.
Attrezzatura utilizzata: Nikon D7000 Obiettivo Nikor 18-300

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