I volti di New York

Nessun posto al mondo è paragonabile a New York perchè New York ha dentro di sè l’anima di tutti i posti del mondo.
Siamo abituati a visitare città ed ammirarne i monumenti, le costruzioni, le opere d’arte, ma ciò che rende unica questa città non sono i grattacieli, non sono i taxi gialli, i ponti e nemmeno la Statua della Libertà.

New York è una metropoli enorme, milioni di strade che si intrecciano ordinate, e appena arrivi a Manhattan e sali i gradini della metropolitana riesci solo a guardare in aria e a sentirti dentro un film.

È solo alla fine del tuo viaggio che ti rendi conto di non aver visitato una città bensì di aver incontrato la vita negli occhi di chi la città la vive.

Hai camminato per chilometri ascoltando decine di lingue diverse, hai guardato facce provenienti da tutto il mondo, sfiorato per sbaglio pelle di un colore diverso dal tuo.

Ti sei stupito di fronte a cose che fino ad un attimo prima reputavi strane e che invece tra la gente di New York appaiono del tutto normali.

Hai visto artisti, lavoratori, turisti convivere in un’armonia magica.

Hai trascorso ore che sembravano secondi nella corsa della città che non dorme mai ed attimi eterni.

Hai assaggiato sapori di tutti i Paesi, sentito l’odore della pioggia rabbrividendo ed il sole ti ha scaldato mentre stavi disteso su un prato a Central Park.

Hai conosciuto che cos’è la libertà.

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Negli USA l’amore per il basket non ha sesso

Ok, siamo a New York, a pochi passi da Time Square, in una assolata domenica pomeriggio di agosto. Ok, con 35 dollari (il costo del biglietto) puoi vedere una partita di basket e visitare il Madison Square Garden tempio dello sport e della musica mondiale. Ma vedere oltre 10 mila persone ad una partita di basket femminile, ti fa dimenticare tutte le attenuanti e dà una speranza a chi è abituato a vedere le nostre atlete relegate in palazzetti secondari (per essere buoni), spesso neppure pieni.

Il campionato è il WNBA e di fronte le New York Liberty contro le ragazze del Minnesota Lynx (prime in classifica), la squadra che ha chiamato la nostra Cecilia Zandalasini per farle giocare i play off.

Il clima è quello dell’NBA, della festa. Prima dell’incontro esibizioni di ogni genere ed anche lo spazio per una riflessione sulla violenza e sul rispetto delle donne e poi l’inno americano cantato dal vivo.
Sulle tribune si mangia, canta, balla e si tifa. Un tifo diverso dal nostro, “guidato” dal grande cubo sopra il campo dove scorrono le immagini della partita e che costantemente indica cosa fare: battere le mani, incitare alla difesa, urlare Let’s Go Liberty. Mentre la musica è continua, anche durante le fasi di gioco. Intanto gli spettatori ballano e si agitano per farsi riprendere e finire immortalati sul grande cubo: una festa che spesso distrae e ci si perde l’azione agonistica.

Il basket giocato è molto più simile al quello europeo di quanto sia quello dei maschietti a stelle e strisce rispetto ai “pari sesso” europei. La palla gira veloce per cercare lo scarico libero per il tiro da tre (non ricercato con esasperazione come nell’NBA) ma si cerca molto il pick and roll e la difesa è aggressiva, si raddoppia spesso, si taglia per trovare la giocatrice libera sotto canestro. Un bel vedere.

Il Madison Square Garden poi è un vero museo allo sport, nell’area introno all’arena, tra un ristorante ed uno shop, foto e bacheche con la storia dello sport americano ricordi dei tanti atleti ed artisti che si sono esibiti.

La partita finisce con la vittoria delle Liberty per 70 a 61, vittoria che garantisce con alcune giornate di anticipo alle padrone di casa l’accesso ai play off. Prima di uscire uno snack ed un salto al negozio della Liberty per una maglietta e poi fuori, perché il Garden deve cambiare faccia: il giorno dopo suona Billy Joel.

Si ringrazia Vincent Novicki e Dave Saffran.

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