L’ Argentina ha votato, e sono tornati

La domenica elettorale piovosa non ha scoraggiato i 34 milioni di argentini che si sono recati alle urne per le votazioni. Per i candidati per poter partecipare tornata elettorale era necessario aver ottenuto un “accredito” ottenuto nell’ Open Primary (PASO).

Il candidato del “Frente para todos”, Alberto Fernandez affiancato dalla ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner, hanno ottenuto il 47% dei voti, mentre il presidente uscente Maurcio Macri, candidato alla rielezione, con una rimonta rispetto ai sondaggi pre elettorali e ai risultati delle primarie, ha raggiunto il 41%; diventando così l’unico presidente nella storia recente a non ottenere un secondo mandato.

La costituzione Argentina stabilisce che per essere eletti al primo turno senza il temuto ballottaggio debbano essere soddisfatte almeno una di queste due condizioni che il candidato ottenga almeno il 45% dei voti oppure il 40% con 10 punti di differenza dal contendente più vicino.

La celebrazione

L’invito ai simpatizzanti da parte della coalizione vincente a riversarsi nelle principali strade di Buenos Aires la “città della furia”, non tarda ad arrivare. I luoghi simbolo come l’Obelisco e la Plaza de Mayo di sono riempiti in pochi minuti. La maggior parte degli “aficionados”, però si sono ritrovati nelle strade intorno alla sede, nel quartiere di Chacarita.

Intorno al numero 6271 di Avenida Corrientes in poco tempo migliaia di persone hanno invaso le strade. Al ritmo di tamburi e fuochi di artificio si alzava il famoso coro “A volver, a volver, vamos a volver”, nato per celebrare il ritorno dell’amata, ma super chiacchierata Cristina Fernandez al governo argentino. Bambini, giovani e vecchi sfilano con le loro bandiere e anche se in Argentina era in vigore il divieto per 48 ore di consumo di alcolici (fino alla mezzanotte di domenica), già dalle 20.00 la birra e il vino scorrevano a fiumi. Le postazioni di primo soccorso, identificate con una croce rossa sono stati prese d’assalto e pronti ad accogliere ogni tipo di emergenza. (pressione alta, attacchi di panico e euforia alcolica).

Intorno mezzanotte hanno i vincitori finalmente hanno fatto la loro apparizione. E ‘stato pazzesco: bicchieri, lattine di birra ancora piene sono volate in aria, era così tanta l’euforia che sembrava di essere ai festeggiamenti di un “superclasico” Boca vs River. La coppia Fernandez- Fernandez de Kirchner hanno chiesto aiuto al popolo per recuperare il paese dalla tremenda crisi economica.

Chi poteva votare?

Una nota finale di differenza rispetto al voto in Italia. Sebbene la legge stabilisca che il voto è obbligatorio a partire dall’età di 18 anni, è anche possibile partecipare prima, grazie alla “ ley del voto joven”.
Il codice elettorale nazionale (CNE) stabilisce che i giovani a partire dai 16 anni hanno diritto di voto. Prima di questa legge, regolamentata nel 2012, solo coloro che avevano raggiunto l’età di 18 anni potevano partecipare alle elezioni.
L’articolo della Costituzione che sostiene che “Gli argentini che hanno raggiunto l’età di sedici anni godono di tutti i diritti politici in conformità alla Costituzione e alle leggi della Repubblica.
Tuttavia, sebbene la Costituzione e il CNE stabiliscano che il voto è obbligatorio, non vi è alcuna sanzione per i minori di 18 anni che non votano. I maggiornenni fino ai 70 anni, invece possono essere sanzionati con importi che vanno da 100 a 500 pesos, tra 1,5 e 8 Euro.

Servizio di Sikiuk Mendez, foto e traduzione di Stefano Scherma

 

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La vigilia elettorale in una Argentina in profonda crisi

A una settimana dalle votazioni per le elezioni presidenziali in Argentina, il candidato uscente Mauricio Macri, esponente di “Juntos por el cambio”, ha tenuto a battesimo la marcia del “Si se puede” lo slogan con cui sta conducendo la campagna elettorale. Macri sta cercando di invertire le previsioni che lo vedono nettamente in svantaggio rispetto al principale sfidante Alberto Fernandez del “Frente de todos”  leader del blocco peronista che presenta la ex presidente, la chiacchieratissima  Cristina Fernández de Kirchner come candidata alla vicepresidenza.

L’impresa sembra improbabile: a 3 giorni dalle elezioni, emerge una conferma di quanto rilevato dal voto delle primarie obbligatorie dell’11 agosto scorso; anzi sembra che secondo i numerosi sondaggi sulle intenzioni di voto, la forbice del divario si sia ampliata attestandosi intorno ai 20 percentuali.

Oggi rispetto due mesi fa, Macri sembra ricevere il solo sostegno dei fedelissimi non riuscendo ad ampliare la base elettorale.

Macri sebbene rimanga favorito nella capitale, pare sia condannalo ad una quasi certa sconfitta, in queste che sono le elezioni più importanti degli ultimi anni, soprattutto a causa di una situazione  del paese pesantissima.

Da quando nel 2015 è diventato presidente, si è registrato un drammatico peggioramento delle condizioni economiche e sociali. L’iper svalutazione del Peso sul Dollaro (da un rapporto di 1 a 15 a uno di 1 a 60 nel giro di 4 anni) con conseguente di un’ingente fuga di capitali, l’impennata vertiginosa dei prezzi di luce gas e trasporti, l’aumento di disoccupazione e delle condizioni di indigenza di un paese con più di 12 milioni di poveri e che con le risorse a disposizione potrebbe quotidianamente sfamare 400 milioni di persone, hanno portato l’Argentina sull’orlo del baratro.

Lo spettro della crisi del 2001 aleggia nell’aria già da tempo. La rabbia e la sofferenza per la situazione salta agli occhi semplicemente camminando per le strade della capitale. Tra gli aspetti più evidenti, si nota  di quanto sia aumentato in maniera esponenziale il numero delle persone che vivono e dormono in strada, soprattutto nelle zone del microcentro, i “cartoneros”,  nati con la crisi di inizio millennio, si sono moltiplicati a dismisura, i “comedores”, mense sociali solidali, traboccano di richieste e devono combattere con i tagli alle risorse. L’insoddisfazione si legge negli occhi della gente che deve fare i conti con una gestione sempre più complicata del quotidiano.

Anche se risultato delle votazioni di domani domenica 27 ottobre, sembra scontato e sia rivolto verso un cambio, i fedelissimi dei due fronti principali ostentano sicurezza e qui più che altrove nulla si può dare per scontato.

A prescindere da chi occuperà per i prossimi 4 anni la “Casa Rosada” il compito improbo. Il presidente dovrà subito dare segnali forti di inversione della rotta e rassicurare in primis i mercati. Inevitabilmente saranno varate riforme che costeranno lacrime e sangue e che con tutta probabilità colpiranno le classi che già sono gravissima in difficoltà.

Reportage e foto di Stefano Scherma.

 

 

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